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Nei borghi più inaccessibili Escher si sentiva a casa

«Ci voleva un artista geniale e bizzarro come l'olandese Maurits Cornelis Escher per inquadrare Opi da un punto di vista originale, un po' diverso da quello di tante foto in cui il borgo abruzzese si allunga da destra a sinistra, riempiendo l'inquadratura. Qui invece, in questa sua opera (forse meno nota di altre opere abruzzesi di Escher quali le litografie che raffigurano Castrovalva e Scanno) par quasi che l'artista abbia voluto sottolineare quanto Opi, centro agricolo della Marsica a confine con l'alta Val di Sangro, sia abbarbicato alla cresta di uno sperone roccioso, e quanto sia piccolo. Da allora, grazie a Escher, la foto classica di Opi è diventata questa, da scattare cercando d'immaginare il punto di vista divino, vertiginoso, assoluto dell'incisore olandese.


Escher disegnò “Opi in Abruzzo” forse nel 1929, dopo uno dei tre viaggi da lui fatti in regione fra il 1928 e il 1935 , durante gli anni della sua permanenza a Roma. Nella fisionomia urbanistica di Opi, uno dei centri montani più caratteristici del Parco Nazionale d'Abruzzo che era stato inaugurato nel 1922 a Pescasseroli, l'olandese Escher, proveniente dal paese più piatto d'Europa, doveva avere ritrovato qualcosa che corrispondeva alle sue aspirazioni alla verticalità, alle altezze, all'infinito, alle costruzioni impossibili e ai volumi geometricamente interconnessi. Così era accaduto con altri borghi abruzzesi da lui visitati e disegnati, borghi difficili da raggiungere ma che su Escher, così attratto dai nidi d'aquila, esercitavano un'attrazione incredibile. Ma a Opi c'era qualcosa di più, ed era la montagna, che dava respiro al paesaggio e al quadro, aprendone l'orizzonte, anziché rinchiuderlo entro la cornice claustrofobica di strade e scale e terrazzamenti che salgono e scendono senza fine».

Testo di Roberto Copello - www.bandierearancioni.it

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